lunedì 31 marzo 2008

chi siamo, da dove veniamo .. dove stiamo andando!

Quest’anno per la Pia Unione Madonna di Costantinopoli ( “i Matti” ) e per tutto il quartiere della Ripa, sarà una seconda domenica di maggio speciale.

Dopo quasi due anni di assenza, la Veneratissima Immagine della Nostra Protettrice, a Nepi detta volgarmente “dei Matti”, tornerà alla venerazione popolare nella chiesa di san Giovanni decollato a seguito del restauro che ha interessato l’opera.

L’operazione, finanziata da una collaborazione tra la Pia Unione e il Laboratorio di restauro dell’Amministrazione provinciale di Viterbo, è stata magistralmente condotta da quest’ultimo, in particolare dalla dottoressa Linda Bernini e dal direttore del laboratorio stesso, il dottor Giorgio Capriotti .

Il lavoro di restauro ha interessato la tela rovinata e lesionata in più parti, e dunque in buona parte reintegrata, soprattutto in corrispondenza dei bordi. Il telaio ligneo che è stato rimpiazzato da uno nuovo, a causa dello stato di degrado in cui versava. La pulizia dello strato pittorico e la reintegrazione delle lacune.

Questo a fatto sì che il quadro tornasse al suo antico splendore, facendo uscire tutta la luminosità dei colori originali, scuriti da secoli di polvere e fumi. Ora dunque è possibile percepire dettagli e raffinatezze coloristiche, non più visibili precedentemente.

In occasione quindi del ritorno dell’opera nella sua “casa”, è intenzione della Pia Unione organizzare molteplici iniziative, incontri religiosi, culturali e ricreativi, volti a sottolineare il lieto evento.

La tradizione popolare vuole che l'immagine fu portata da Costantinpoli a seguito della presa della città da parte delle armate mussulmane il 29 maggio 1453.

Questo “primo undici settembre” fu avvenimento ancor più tragico per la società di allora e la fine dell’impero romano d’oriente andò a scardinare completamente gli equilibri costituiti.

Due monaci sfuggirono al massacro di religiosi e alla furia iconoclasta per mare, attraversando il mediterraneo a cavallo di una tavola. Naturalmente, come sempre accade nelle tradizioni popolari, questo fu possibile solo grazie alla protezione della Vergine, della quale essi trasmisero il culto in Italia, fino a Nepi.

Il primitivo luogo di culto nel nostro territorio, dedicato alla Madonna di conseguenza detta “di Costantinopoli” era situato in località “Ponte nepesino”, lungo la via Amerina.

Studi e rilievi portati avanti dalla sopraintendenza in anni recenti, hanno rintracciato nell'area un insediamento monastico rupestre.

Qui si ha notizia, in particolare di una gotta nella quale si trovava un piccolo altare ricavato dalla viva pietra, dietro il quale si venerava un’immagine mariana, molto simile nella postura alla nostra Madonna di Costantinopoli.

Il trasferimento su tela e la sua istallazione nella chiesa urbana risale negli anni a cavallo tra fine XVI° secolo e inizio XVII°. A quell’epoca risale la tela, così come anche l’altare ligneo di pregevolissima fattura. Quest’ultimo, sicuramente opera di una bottega romana, come pure gli altari della medesima foggia nella chiesa di san Tolomeo.

L’immagine possiede una coerenza compositiva straordinaria. Il serrato rigore geometrico, mostra con tutta probabilità, quanto i pittori di versione in versione nel corso dei secoli, abbiano inteso mantenere viva l’iconografia originaria, pur reinterpretandola con il loro linguaggio e aggiungendo dettagli secondo le epoche.

Questa immagine mariana, comportandosi come una spugna con l’acqua, ha assorbito in se ogni fase storica che ha attraversato.

Ben lungi dall’aver scritto la parola fine con questo restauro, oggi la tela ci restituisce le sue vicende in maniera più o meno velata in ogni particolare.

Da Bisanzio, seguiamo le sue vicende fino a Vieste, la città posta sulla punta del Gargano, nelle puglie, dove essa, evitò il saccheggio da parte della flotta turca.

Alla Madonna di Costantinopoli venne quindi elevata una chiesa proprio sul porto della città.

Ecco quindi sullo sfondo del quadro nepesino profilarsi proprio l’orizzonte azzurro dell’adriatico, sul quale si stagliano le imbarcazioni dalle bianche vele della flotta saracena, intenta a cingere d’assedio la città pugliese.

In primo piano due barbuti monaci reggono con nerbute mani una tavola orizzontale, sulla quale troneggia la Vergine, mentre il suo Figlio gli è posto innanzi.

Essa spalanca mani e braccia nel gesto di manifestare al mondo il suo Unigenito, il quale con la destra benedice, mentre nella sinistra reca il globo.

Sulla scena soffia una brezza marina che ritma le morbide vesti del bambino e dei putti infondendogli la vita, mentre un’intensa luce zenitale inonda i volumi che compongono le figure.

Capitolo a parte merita l’appellativo “dei Matti” con cui l’immagine è passata alla storia e nei cuori dei nepesini, che numerosi ogni seconda domenica di maggio, si recano a rendere omaggio alla Madonna “venuta da lontano”.

Fonte certa non c’è in proposito, se non la tradizione popolare.

Pare che quando i due monaci, messi in fuga dalla presa di Costantinopoli per mano mussulmana, nella disperazione, si gettarono nelle acque e tentarono di attraversare il mare a cavallo di una tavola. L’avventato gesto fece pensare alla folla che si assiepava al porto, più che a un atto di fede a un’azione dettata dalla follia dei due.

Ma l’intercessione miracolosa della Vergine fu decisiva e i due uomini di fede arrivarono sani e salvi dall’altra parte del mare.

Altra ipotesi, l’appellativo deriva dai festeggiamenti non ordinari che la Pia Unione ( di conseguenza detta “i matti” ) organizzava. Gruppi mascherati, ma anche sfilate in costume d’epoca, hanno accompagnato ( e speriamo accompagnino ancora per lungo tempo ) nel corso dei secoli la domenica dedicata alla nostra Protettrice.

Ma resta il fatto che entrambe le ipotesi possano coesistere senza escludersi.

La Pia Unione Madonna di Costantinopoli ( “i matti” ), è la società che organizza i festeggiamenti. Primo compito, ha quello di promuovere il culto mariano nella popolazione.

In effetti la nostra è una festa di maggio e per un nepesino che abbia qualche anno sulle spalle, questo mese evoca nella sua memoria ricordi e tradizioni che da tempo sembrano dimenticate. Ogni domenica di maggio ( per la chiesa mese mariano per eccellenza ) infatti, era la ricorrenza di un particolare culto e quindi la festa si spostava da una chiesa all’altra, organizzata dai vari enti o corporazioni, poste sotto la protezione della Vergine.

La mattina era dedicata alle celebrazioni solenni.

Il vescovo ed il capitolo, dalla chiesa Cattedrale partiva in processione fino alla chiesa dove era venerata l’immagine, accompagnato dai fanciulli che recavano in offerta ceri decorati da ghirlande fiorite.

La processione dei ceri decorati, ha in effetti origini molte antiche. Appannaggio già di tradizioni pagane, sia latine che etrusche. Emblematici erano i ceri portati in processione in segno di vittoria, sulla via sacra sino al Foro di Roma durante le parate per i trionfi soprattutto quelli militari.

Nella tradizione nordica ( poi indirettamente arrivata a noi ), questa usanza si è tramandata nell’addobbare alberi nella festa di Natale, rituale questo che troviamo già nelle tombe tarquinesi, con le ghirlande di fiori che pendono dai rami degli alberelli che fanno da sfondo alle scene.

Il pomeriggio di ciascuna domenica era invece dedicato agli eventi più profani.

Il culmine era la corsa dei cavalli sull’attuale via Giuseppe Gori ( la strada “de Civita” per intendersi ). Nel pomeriggio la fanfara comunale raggiungeva con tutti i partecipanti ed il pubblico il terreno di gioco e si dava così via alle gare.

Questa tradizione si è conservata sino a tempi relativamente recenti, probabilmente fino al secondo dopoguerra, per poi sparire.

Durante tutti festeggiamenti inoltre “varii drappelli di maschere artisticamente e fantasticamente vestite renderanno più dilettevole il pubblico spettacolo” ( dal manifesto della festa di domenica 8 maggio 1898 ).

Inoltre durante la giornata, ben due palloni aerostatici “umoristici” venivano fatti volare, il primo a mezzogiorno e il secondo la sera in chiusura, insieme ai fuochi artificiali ( ore 21.00 ).

E’ certo che ogni epoca avrà avuto le sue modalità di festeggiamenti. Basti pensare ai secoli che sono passati da quando l’immagine è stata esposta alla pubblica venerazione !

I festeggiamenti sono solitamente annunciati da manifesti scritti in maniera bizzarra e particolare, spesso con espressioni dialettali, per accentuare ancora di più questa particolarità della festa.

Dopo decenni di oblio, in cui addirittura la chiesa di san Giovanni versava in condizioni disastrose, alla fine degli anni ’80 la Pia Unione si è ricostituita, dando vita nuovamente a questo evento di fede e di festa.

La Pia Unione Madonna di Costantinopoli deve essere composta al suo interno, oltre che dai tesserati, da una percentuale di persone facenti parte della Venerabile Confraternita di San Giovanni Decollato, con il compito di tutelare e sovrintendere allo svolgimento dei festeggiamenti, che hanno vita principalmente negli spazi di proprietà della suddetta Confraternita.

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